Sulla sostenibilità occorre informarsi correttamente per scegliere correttamente
Riconoscere l’impatto, aumentare la conoscenza, cambiare abitudini: la cultura e i social possono veicolare messaggi importanti per sensibilizzare i consumatori. La comunicazione al centro dell’evento del Festival sui Goal 12 e 16.
“È importante capire su quali basi l’opinione pubblica prende decisioni. La democrazia si fonda sul teorema di Condorcet: se le persone mediamente quando decidono usano informazioni corrette, e se prendono le loro decisioni in modo indipendente, allora la democrazia è il modo migliore per estrarre le differenze sociali, ma se invece si basano su informazioni mediamente sbagliate o sono influenzate al punto tale da non decidere con la loro testa, allora la probabilità di prendere decisioni sbagliate aumenta al numero di persone coinvolte nel processo decisionale. Alla luce della complessità dei fenomeni, tanti rinunciano e preferiscono delegare le decisioni a una sola persona, ma questa tendenza è pericolosa e si sta diffondendo in tutto il mondo, non solo in Europa”.
Si è aperto con queste parole di Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, l’evento del 10 maggio “Si fa presto a dire sostenibilità. Chi influenza gli influencer?”, moderato da Marco Frittella, direttore comunicazione di RaiCom, e organizzato dai Gruppi di lavoro 12 “Consumo e produzione responsabili” e 16 “Pace, giustizia e istituzioni solide” dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile presso il Salone Internazionale del Libro, nell’ambito della tappa torinese del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2024 supportata da Iren in qualità di Tutor.
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Il primo a rispondere alla domanda “Come ci si informa sui temi dello sviluppo sostenibile?”, è stato Emilio Casalini, conduttore del programma “Generazione bellezza” in onda su RaiTre, il quale ha affermato: “Noi rappresentiamo l’esempio che non è vero che le belle notizie non funzionano [mediaticamente, ndr], ma credo dipenda da come vengono raccontate. Noi dobbiamo avere la capacità di trasformare in comprensibile per tutti concetti complessi, senza svilirli. Noi raccontiamo storie semplicissime, ma dove ci sono dietro modelli di economia sostenibile e replicabile. La valorizzazione di quello che abbiamo ci permette di cambiare paradigma. Noi condizioniamo gli influencer parlando di quello che siamo, di quello che abbiamo già. Noi "influenziamo" nel senso che entriamo dentro le persone. E quando entriamo nella logica del cambiamento, poi i risultati ci sono”.
Il secondo intervento è stato affidato a Cathy La Torre, avvocata patrocinante in Cassazione, che sui suoi profili ha quasi un milione di follower, e che ha definito i social “un vettore”, che come tali “possono trasportare contenuti lodevoli o essere un coacervo di fake news o linguaggi violenti. Il ruolo dei social è oggi cruciale perché l’aspetto principale è la totale disintermediazione, il che è la cosa più bella ma anche la più pericolosa”. Continuando La Torre ha messo in guarda dal pericolo del negazionismo climatico, che è tanto in voga negli Stati Uniti, e ha lanciato un appello a intervenire prima che sia troppo tardi: “Noi dobbiamo stare molto attenti perché in Italia non abbiamo ancora quei volti oscuri dei social, ma dobbiamo intervenire ora affinché i social rispondano anche dei contenuti che vengono pubblicati sulle loro piattaforme”.
La terza a prendere la parola è stata Simonetta Giordani, segretaria generale di Civita, che ha posto l’accento su due aspetti principali: l’importanza di fare rete tra aziende, istituzioni e associazioni e la capacità degli enti culturali di accreditarsi, soprattutto verso i giovani, come i nuovi media, ovvero come le nuove fonti – autorevoli - di informazione. “Sappiamo che la maggioranza si approvvigiona su Instagram e sui social media in generale; le piattaforme in streaming e i documentari sono una modalità molto gradita per informarsi sui temi ambientali, ma rimane sempre un piccolo cluster, un 13% dichiara addirittura di non informarsi in nessun modo. Inoltre, la maggioranza dice che gli SDGs sono poco praticabili nella quotidianità”. “Per questo” - ha insistito Giordani – “è importante il ruolo delle istituzioni culturali: perché possono veicolare – ad esempio tramite l’arte contemporanea - nuovi messaggi legati agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Ormai siamo tutti accomunati da una preoccupazione sul futuro e in questo la cultura si fa collante”. Poi ha continuato: “Un altro ruolo importante è svolto dalle aziende nella fase di recruiting: oggi, nei colloqui, i laureati che si avvicinano alle imprese vogliono sapere quale approccio queste hanno verso l’Agenda 2030. Ciò significa che questi ragazzi preferiscono la selezione di organizzazioni economiche che sono parte della contemporaneità”.
A seguire è stato il turno di Adriana Mosca, responsabile brand strategy, digital and sponsorship di Iren, azienda tutor della tappa di Torino, che ha raccontato come si traduce l’impegno sulla sostenibilità e sui territori della compagnia energetica. “La nostra azienda prima costruisce, poi racconta. Attraverso due grandi chiavi, cerchiamo di essere concreti verso i cittadini: da una parte, con la distintività dei nostri messaggi di comunicazione, cercando cioè di attirare il pubblico in maniera un po’ diversa dal solito, colpendo il sentimento che può legare una persona al proprio territorio; dall’altra con la consistenza, quindi solidità, che si traduce in una serie di attività diverse e dedicate a pubblici eterogenei, ad esempio facendo visitare i nostri impianti ai cittadini”.
Anche Roberto Natale, direttore Rai per la sostenibilità – Esg, ha offerto il suo contributo al dibattito, partendo dal citare un comma del contratto di servizio che la Rai si appresta a sottoscrivere per i prossimi cinque anni - “La Rai deve assumere un ruolo chiave nel Paese, guidando un cambiamento culturale in tema di sostenibilità” - e ricordando che l’impegno del servizio pubblico in tal senso, dura in realtà già da molto tempo. Poi sul tema dell’informazione affidabile: “il servizio pubblico questo lo garantisce in tempi di fake news, ma come facciamo a fare un servizio completo se sui social non ci siamo? [...] Dobbiamo agganciare ragazzi e ragazze che vivono sui social, il nostro successo consiste nell’ampiezza delle persone che riusciamo a raggiungere. [...] Dobbiamo arrivare a fasce di pubblico che spontaneamente non si interessano di temi di sviluppo sostenibile”.
Poi è stata la volta di Nello Ferrieri di Cinemovel, che ha voluto dare testimonianza del potere della cultura, raccontando l’esperienza dell’associazione che da 25 anni si occupa di portare il cinema nei Paesi in via sviluppo e che quest’anno ha viaggiato in diversi Paesi africani per proiettare il film di Matteo Garrone “Io Capitano”. “Non è semplice raccontare quello che facciamo: non raggiungiamo grandi numeri, ma lavoriamo con le persone. Arrivando in luoghi remoti, abbiamo visto come le comunità si attivano e come vivono un momento catartico quando vedono lo schermo grande: l'evento è già che io sono lì con un film, poi se il film parla anche la loro lingua, allora l’adesione è totale”.
A seguire è intervenuto anche Mamadou Kouassi, mediatore culturale e vero protagonista di “Io Capitano”, che ha parlato di quanto sia stato importante promuovere il film in giro per il mondo, perché “ci ha permesso di raccontare questa verità all’Europa, all’America, ma anche al continente africano; di entrare in contatto con i giovani, con le scuole, con gli studenti, soprattutto in Africa, dove non ci sono nemmeno i cinema; di educare e sensibilizzare anche quelli che volevano partire e che dopo aver visto il film hanno scelto di rinunciare perché hanno capito che l’Europa non è un paradiso. E poi un affondo proprio sulle politiche migratorie europee: “L’Ue continua ad approvare leggi sempre più stringenti verso i migranti, ma credo che sia anche una questione di giustizia, che tutti abbiamo gli stessi diritti di viaggiare. Speriamo che insieme possiamo costruire un’Europa di pace perché ne abbiamo tutti bisogno”.
Altre forme di impegno per la sostenibilità sono state raccontate rispettivamente da Antonello Barone, rappresentante del Festival del sarà, e da Maurizio Gazzarri, direttore tecnico della Rete dei comuni sostenibili (Rcs). Nel prendere la parola, Barone ha illustrato il disegno di legge bipartisan “che abbiamo presentato per chiedere al ministero di istituire una capitale della mobilità sostenibile”. “L’obiettivo – ha spiegato – è quello di riunire tutti gli attori che lavorano a nuove forme di modalità del futuro”. Gazzarri invece ha spiegato come opera Rcs: “Accompagniamo i comuni a rispondere alle sfide della sostenibilità e per farlo abbiamo creato anche una ‘guida’, che parla ai residenti di un modo diverso di vivere la propria città ma anche ai viaggiatori. Vorremmo fare il doppio ruolo di influencer e di quelli che influenzano gli influencer”.
Il secondo panel “Come gli influencer influenzano produzione e consumo?” è stato aperto dall’intervento di Alex Armillotta, co-fondatore e ceo Aworld, un’app che aiuta le persone a capire come riconoscere il proprio impatto, in quattro ambiti in particolare - alimentazione, energia, mobilità e acquisti -, e a cambiare, di conseguenza, le proprie abitudini di consumo. “Noi siamo degli influencer digitali perché, attraverso la gamification, cerchiamo di spronare le persone all’azione e a incentivarne l’intenzione. E lo facciamo anche attraverso il senso di community, ovvero “non sei il solo”; poi c’è la parte di competizione, di sfide e, infine, c’è la premialità”. “Questa campagna – ha proseguito - ha appena raggiunto 20 milioni di azioni e, se raccontato bene, questo crea un interesse. Ma servono regole serie, perché altrimenti si corre il rischio di comunicare male o solo una parte. Ci vuole accortezza anche da parte dei cittadini però, bisogna tenere sempre acceso lo spirito critico”.
Subito dopo ha preso la parola Angelo Di Gregorio, presidente della Società italiana marketing, il quale si è soffermato sul tema del greenwashing. “Una cosa è fare greenwashing, una cosa è sostenere lo sviluppo sostenibile con azioni concrete con i propri prodotti, anche attraverso gli influencer. Tante aziende oggi evitano di comunicare perché temono di incappare nell’accusa di greenwashing. Essere fraintesi può avere un effetto disastroso, perché ci sono gli haters che sono pronti all’accusa e quindi è importante ponderare vantaggi e svantaggi del comunicare. In realtà, i consumatori che dichiarano di fare scelte green, spesso non sono tali. Pensiamo alle consegne a domicilio che richiedono un doppio packaging e il trasporto ad hoc di prodotti di pochi grammi. In alcuni contesti i consumatori non sono coscienti di questo, in altri casi si preferisce la routine, la comodità o la convenienza di prezzo. È un difficile equilibrio che va ricercato sia per le aziende, con regole uguali per tutti, sia per i consumatori. Entro certi limiti è opportuno normare la comunicazione degli influencer, ma non pensiamo che tutto può essere risolto attraverso la regolamentazione, perché ci sono mille modi per sviare. È importante il codice etico di un’azienda, così come le caratteristiche del prodotto o del servizio che si vuole erogare”.
A seguire è intervenuta Alessandra Piloni, chief communications officer di Consumers' forum, che ha raccontato l’attività portata avanti dall’organizzazione, che opera per mettere insieme consumatori e imprese secondo una logica che superi le mere regole di mercato. “Da noi si ragiona di sostenibilità e già dal 2017 abbiamo creato “Il manifesto di sostenibilità consumeristica”. Poi ha fatto l’esempio virtuoso di Edison che, per stimolare il consumo consapevole dell’energia, ha ingaggiato un fisico competente in materia, il quale però è un micro influencer (da 10mila a 100mila follower), secondo quanto definito dall’Agcom. “Le linee guida dell’Agcom sono una delle prime linee di regolamentazione, ma serve l’onesta digitale di cui parla la Commissione Ue, cioè le aziende devono dare conto degli influencer che ingaggia, ma ciascuno deve attivarsi per informarsi e le associazioni dei consumatori hanno un ruolo fondamentale in questa fase”.
Ha chiuso l’incontro Ottavia Ortolani, responsabile progetti di Comunicazione e advocacy ASviS, che ha riepilogato gli spunti emersi nel corso del dibattito e ripercorso alcune delle iniziative chiave del Festival dello Sviluppo Sostenibile, nato proprio con l’obiettivo di comunicare a tutti i messaggi dell’Agenda 2030. “Comunicare la sostenibilità vuol dire rendere semplici temi complessi e comunicare anche a chi non è addetto ai lavori”, ha affermato Ortolani, “l’informazione corretta serve su questi temi e anzi, aggiungo, è un diritto”.
di Elita Viola