Al Salone del Libro serrato dibattito sul volume di FUTURAnetwork

Scenari al 2050, AI, ruolo delle fonti: questi i temi al centro dell’evento del Festival a Torino. Presentato il testo che raccoglie i quattro anni di attività del sito. “Punto di riferimento per le informazioni sul futuro”.

martedì 14 maggio 2024
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Il futuro non è stato ancora scritto e dobbiamo costruirlo oggi: questo il messaggio che emerge dal terzo appuntamento della tappa torinese del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2024, “I futuri secondo FUTURAnetwork”, che si è tenuto l’11 maggio presso il Salone Internazionale del Libro di Torino. Durante l’evento, durato un’ora, è stato presentato il volume “Mille schegge di futuro”, una raccolta di 35 schede dedicate agli argomenti più significativi trattati dal sito in questi quattro anni e una serie di interviste a personaggi del passato realizzate con ChatGPT.

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Perché, intanto, parlare proprio di “schegge”? A rispondere Andrea De Tommasi, viceresponsabile di futuranetwork.eu, aprendo i lavori. “In questo libro non presentiamo uno scenario unico, ma elementi per costruire tanti scenari diversi, anche contrapposti”. Il volume, infatti, come ha aggiunto Donato Speroni, responsabile della redazione, è composto di “quattro livelli”. Il primo, cartaceo, è il libro presentato al Salone di Torino. Attraverso un QR code si accede al “secondo livello”, il volume online. I link contenuti (un centinaio) sono il terzo strato, e si riferiscono agli articoli più significativi del sito. Navigando poi su futuranetwork.eu si trovano, attraverso la suddivisione per argomenti, le “mille schegge di futuro”, ovvero analisi, studi, interventi pubblicati nel corso di questi quattro anni.

Ed è proprio questa caratteristica del sito a essere, secondo i tre discussant che hanno partecipato al convegno, uno dei contributi centrali forniti alla rete dei futuristi. “FUTURAnetwork è uno dei nostri centri di recupero informazioni essenziali”, ha commentato Gloria Puppi, script consultant, speculative designer e board member dell’Italian Institute for the future (Iif). I future studies, infatti, “sono una metadisciplina”, e necessitano di informazioni provenienti dai settori più differenti – dall’economia al design, dalla letteratura all’architettura. A questo proposito, “è essenziale ricevere notizie in maniera olistica, non verticale, perché altrimenti avremo dei punti ciechi. Solo in questo modo si possono creare degli scenari”.

Gloria Puppi, script consultant, speculative designer e board member dell’Italian Institute for the future

Sulla stessa scia Roberto Paura, presidente dell’Iif. “FUTURAnetwork compie quel lavoro che tecnicamente si chiama horizon scanning, ovvero la scansione delle fonti”. E su questo lavoro costruisce poi delle notizie, “prendendo informazioni da tutto il mondo e sintetizzandole con uno sguardo prospettico”, declinandole secondo le tematiche più diverse, ispirate ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile. Per questo, secondo Paura, il sito è “un punto di riferimento sul futuro”.

Roberto Paura, presidente dell’Italian Institute for the future

Per Enrico Sassoon, direttore di Harvard business review Italia, questa attività di horizon scanning è rilevante anche perché il lavoro dei futuristi consiste, da una parte, nel “vedere non solo un fenomeno, ma tanti”, e dall’altra nel “connecting the dot”, collegare settori diversi per dare un’idea di futuro “ampia e interdisciplinare”.

Il convegno si è poi concentrato sulla questione degli scenari futuri (discussa anche nell’analisi sviluppata con Oxford Economics nel Rapporto di Primavera ASviS 2024) sulla base di una specifica domanda di Speroni: “Tra tutti i possibili futuri, qual è lo scenario che ritenete più probabile al 2050?”

“Il domani che vorremmo è ancora tutto da costruire”, ha commentato Puppi. Ad esempio l’intelligenza artificiale, che sarà probabilmente sempre più “collaborativa” con gli esseri umani, potrebbe però diventare anche “deficienza artificiale” se continueremo a nutrirla di dati o linguaggi scadenti. Allo stesso tempo, i cellulari potrebbero generare derive di isolamento sociale oppure subire una “controtendenza molto forte” (e già presente), con locali che vietano l’utilizzo degli smartphone, così come si sta assistendo a una diffusione dei dumb phone (cellulari senza internet) tra le generazioni più giovani.

Secondo Paura, parlando di scenari al 2050 bisogna anzitutto capire “se si appartiene all’ambito dei positivisti o declinisti”. Positivista è chi “crede nelle potenzialità di scienza e tecnologia di risolvere tutti i problemi”, mentre i declinisti, che non sono catastrofisti, “ritengono che le tendenze attuali, se lasciate a sé stanti, ci porteranno verso uno scenario di lento degrado”. Inoltre, ha proseguito Paura, nei prossimi anni ci sarà un “grande scisma” tra chi ritiene che “la tecnologia risolverà tutto” (come accade per esempio con l’approccio geoingneristico al cambiamento climatico) e coloro che invece “guardano allo sviluppo sostenibile come a una soluzione”.

Sassoon ha messo in guardia però dalle posizioni più catastrofiste: “È molto facile dare notizie o interpretazioni negative, perché sono quelle che fanno vendere i libri”. Bisogna invece arginare i discorsi più pessimisti, che vanno dalle conseguenze negative dell’AI sul lavoro (che creerà anche molti posti, oltre a toglierli) al catastrofismo climatico, che genera “ecoansia” e “futuransia”.

Enrico Sassoon, direttore Harvard business review Italia

“Ci sono tante notizie che creano ansia, è vero. Però è anche vero che i ghiacciai si stanno sciogliendo”, ha ribattuto Speroni. Paura ha aggiunto che, nonostante sia utile promuovere visioni positive, “la costruzione di scenari negativi aiuta a prendere delle decisioni”. Il film The day after ha avuto negli anni ’80 una profonda influenza sul prevenire una guerra nucleare, ha ricordato il presidente Iif, come Don’t look up ha avuto un impatto sulla questione climatica. Naturalmente, “lo scenario pessimista se non gestito bene, paradossalmente porta a risultati opposti”, legati a paure, timori e abbandono delle speranze per il futuro”, ha osservato Paura.

Speroni ha aggiunto che gli allarmi, quando non sono paralizzanti, possono smuovere all’azione.  Un’azione che però deve includere tutti: “Può andare meglio solo se coinvolgiamo il resto del mondo: il problema di fondo è tornare ad avere una condivisione di valori”. Non è detto che si tratti di quelli occidentali, ha proseguito il responsabile di FUTURAnetwork, “ma o si torna al multilateralismo o assisteremo a un accentuarsi delle divisioni”.

“Abbiamo gli strumenti per crearlo, questo futuro, solo se lo allarghiamo a tutto il mondo”, ha ribadito Puppi. “Chi vive nel posto più fortunato può dare strumenti alle comunità che non li hanno, per raggiungere una sostenibilità economica e, forse, la felicità”.

Insomma, un’ora di serrato confronto che fornisce stimoli non solo agli studiosi di futuro ma a chi vuole riflettere. Come scrive William Gibson: “Il futuro è già qui, solo che non è equamente distribuito”.

Scarica il libro “Mille schegge di futuro. Il mondo di domani secondo FUTURAnetwork”

 

di Flavio Natale