Superare stigmi e assistenzialismo per valorizzare le persone con disabilità
Rischio di povertà, disoccupazione e difficoltà ad accedere alle cure tra le discriminazioni subite. Necessari servizi di prossimità, comunicazione corretta e cultura dell’inclusione, secondo l’evento ASviS sul Goal 3 nel Festival.
“Un percorso verso la ‘capacitazione’, ovvero dare alle persone che hanno una disabilità la possibilità di superarla, di diventare cittadini a pieno titolo, di mettere a frutto tutto il loro capitale umano e sociale e di trovare un ambiente attorno a sé che lo faciliti”: così Carla Collicelli, senior expert ASviS e referente del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 3 “Salute e benessere”, ha riassunto l’obiettivo dell’evento “Oltre le barriere. Ripensare la disabilità con l’Agenda Onu 2030”, moderato dalla giornalista Rai Maria Concetta Mattei, che si è svolto giovedì 16 maggio presso la Biblioteca Casanatense a Roma. La Biblioteca “ha i piedi ben saldi in un passato di cui siamo orgogliosi, ma ha anche uno sguardo al futuro” ha esordito Cristiana Aresti, direttrice della Biblioteca Casanatense, raccontando alcune misure in atto nella Biblioteca per abbattere le barriere cognitive e fisiche.
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Il filo conduttore dell’evento è stata proprio la necessità di adottare una nuova prospettiva che permetta di “passare dal concetto di assistenzialismo e vittimizzazione a quelli di valorizzazione della persona e autonomia”, come ha sottolineato Alessandra Locatelli, ministra per le Disabilità, in un messaggio letto all’inizio dell’incontro. Modelli di sviluppo più inclusivi avrebbero un beneficio per tutta la società perché “le politiche hanno un effetto moltiplicatore”, ha ricordato Dikaios Sakellariou, rappresentante dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Gli investimenti, inoltre, genererebbero un dividendo importante: “per ogni dollaro speso per l’inclusione delle persone con disabilità se ne possono guadagnare dieci a livello di prevenzione e di assistenza risparmiata”, ha spiegato Sakellariou.
È un tema che a livello globale riguarda oltre 1,3 miliardi di persone: oggi nel mondo una persona su sei ha infatti una forma di disabilità, includendo, secondo la definizione delle Nazioni Unite, tutte le persone che soffrono di problemi e disabilità motorie o sensoriali e si trovano ad affrontare ostacoli che limitano la loro partecipazione alla società. Nonostante la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità garantisca la parità di diritti, le persone con disabilità continuano a subire discriminazioni, causate da fattori diversi come i limiti infrastrutturali, la difficoltà ad accedere alle cure, il maggior rischio di vivere in situazioni di povertà o di non trovare un lavoro, ha spiegato Sakellariou.
A vivere situazioni di isolamento sociale, istituzionale e ambientale sono anche le famiglie di persone con disabilità: lo ha dimostrato la ricerca condotta da Cbm Italia Ets e Fondazione Zancan, ascoltando le esperienze di oltre 300 persone con disabilità in Italia. “Occorre lavorare sulla cultura dell’inclusione” ha sottolineato Massimo Maggio, direttore Cbm Italia Ets, “che significa per le persone con disabilità essere coscienti ed esercitare i propri diritti, mentre per il resto della società capire la centralità della cultura dell’inclusione”. È necessario, quindi, investire in servizi che non siano una mera erogazione di contributi economici, ma che diano uno “sguardo di umanità”, riconoscendo e valorizzando ogni persona. Maggio ha spiegato anche l’importanza di superare e uscire da una “visione medica, un modello medico dove le persone con disabilità vengono inserite in una gabbia diagnostica”.
Ma qualcosa sta cambiando. “La politica finalmente ascolta, sa ascoltare le istanze e le sollecitazioni del mondo associativo e dei cittadini. Siamo pronti a cogliere questa opportunità per superare i pregiudizi e gli stigmi e perché le persone siano considerate per quello che sono” ha affermato Vincenzo Falabella, presidente della Federazione italiana per il superamento dell’handicap, Fish Ets. A livello italiano, infatti, è in discussione la Legge delega sulla disabilità, mentre a livello internazionale per la prima volta si svolgerà un G7 sul tema dell’inclusione. Le risorse, tuttavia, sono ancora insufficienti: “L’Italia spende 142 miliardi di euro in ambito sanitario; per la disabilità e per il sociale ne spende poco più di due miliardi” ha sottolineato Falabella, “dobbiamo intervenire perché ci sono oltre due milioni e mezzo di persone che non si curano perché non hanno le risorse economiche”.
Una soluzione possono essere le case di prossimità, che permettono di portare i servizi sanitari nei territori, o l’assistenza a domicilio. “In alcune aree del Paese si parla di ‘deserto sanitario’ per la mancanza di servizi essenziali” ha sottolineato Francesca Moccia, vicesegretaria generale di Cittadinanzattiva, “abbiamo sempre avuto una visione ‘ospedalocentrica’, ma ora abbiamo capito che una sanità diffusa, con servizi a domicilio e con l’utilizzo delle tecnologie disponibili per tutti e dappertutto è il futuro, soprattutto per una popolazione che invecchia che non può andare, ma deve essere raggiunta dalle visite mediche, dai servizi sanitari e dai farmaci”.
La possibilità di scegliere se ricevere le cure a casa o in ospedale è al centro delle attività della Fondazione Ant Italia, che rivolge un’attenzione particolare anche alle persone che svolgono un ruolo di caregiver. “Noi stiamo lavorando per offrire supporto psicologico anche per il caregiver: un miglioramento dello stato d’ansia del caregiver può essere d’aiuto anche alle persone malate” ha spiegato Silvia Ciresa, coordinatrice dell’innovazione e dello sviluppo della Fondazione Ant Italia onlus.
Le tecnologie possono essere utili, ma solo se sviluppate responsabilmente: “ad oggi si creano troppe tecnologie che non sono sviluppate sulla base di risultati scientifici o che non vengono valutate o validate con approcci scientifici. Credo sia responsabilità degli sviluppatori quantificare il beneficio che le tecnologie portano” ha affermato Monica Gori dell’Istituto italiano di tecnologia, sottolineando la necessità di adottare un approccio umano che non amplifichi barriere già esistenti.
Nel corso dell’evento sono state condivise anche esperienze di persone con disabilità. “Il problema principale è lo stigma, è il pregiudizio che si ha sulla persona con disabilità: poiché ha un limite, alla fine sembra che non possa fare nulla” ha dichiarato Rahma Nur, scrittrice, poetessa e insegnante. Oltre alle barriere mentali, continuano a esistere alcune barriere fisiche, ha spiegato Nur, riferendosi all’impossibilità di accompagnare le bambine e i bambini in gita a causa della mancanza di mezzi di trasporto adatti alle persone con disabilità. Guido Marangoni, scrittore, attore e insegnante, ha raccontato di come la nascita della figlia Anna, che ha sindrome di Down, abbia cambiato la sua vita, portandolo a tenere incontri nelle scuole e nel teatro per parlare di inclusione che, ha sottolineato, “funziona solo con la reciprocità”.
In foto da sinistra: Maria Concetta Mattei (Rai), Lorenzo Sani (Ordine dei giornalisti) e Marta Grelli (Travellin)
Durante l’incontro sono state presentate buone pratiche di integrazione e inclusione, tra cui il Raduno nazionale di escursionismo adattato, organizzato dal Club alpino italiano e giunto alla terza edizione, che il Cai ha raccontato attraverso un video proiettato durante l’incontro. Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti ha creato la guida “Comunicare la disabilità” destinata a tutte le persone che lavorano nell’ambito della comunicazione che hanno “il dovere di non contribuire ad alimentare stereotipi e luoghi comuni e la prima cosa è pensare ai termini che si usano”, come ha sottolineato Lorenzo Sani dell’Ordine dei giornalisti. Marta Grelli, Ceo di Travellin, ha presentato Travellin, una piattaforma dove le persone con disabilità possono condividere itinerari di viaggio accessibili. L’obiettivo principale è ampliare l’accesso alle informazioni, che spesso sono difficili da reperire. Eppure, le informazioni sono necessarie per permettere alle persone con disabilità di affrontare eventuali ostacoli e barriere. Grelli, per questo, ha riportato un esempio concreto: “Se un ristorante all’ingresso ha un gradino di dieci centimetri e la persona lo sa, allora può adattarsi, chiedendo a un’altra persona di accompagnarla o portandosi uno sgabello per superare il gradino”.
Antonio Adamo e Hrynenko Liliya, classe III A sezione economico sociale Liceo Statale G. V. Gravina di Crotone coinvolto nel progetto di educazione alla cittadinanza globale “Gift – Giovani, impegno, futuro, territorio” (AID012618/02/3) promosso da Save the Children in partenariato con Edi, ASviS e Fondazione mondo digitale, con la collaborazione del Movimento giovani per Save the Children e cofinanziato dall’Aics – Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, hanno raccontato, ad esempio, gli interventi progettati dal Castello di Carlo V a Crotone per rendere il monumento più accessibile.
A conclusione dell’evento sono intervenute Carla D’Angelo e Raffaella Bucciardini, coordinatrici del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 3. Osservando le riflessioni ed esperienze condivise durante l’evento, D’Angelo ha sottolineato l’importanza di “passare il testimone ai giovani”, mentre Bucciardini ha ricordato l’iniziativa, lanciata dall’Istituto superiore di sanità a cui partecipa anche l’ASviS, per creare una rete italiana che, partendo dai principi delle Marmot cities, possa contribuire a promuovere l’equità in ambito sanitario, tenendo in considerazione anche gli aspetti legati alla disabilità.
di Maddalena Binda