Senza monitoraggio dei dati, parità di genere nel Pnrr resta questione di principio
Occupazione femminile, lavori di cura, materie Stem: questi alcuni dei temi al centro dell’evento ASviS sul Goal 5 al Festival. Mancano però le valutazioni d’impatto delle politiche pubbliche: “Pnrr classico caso di gender data gap”.
“Uscire dal labirinto delle disuguaglianze. L’empowerment delle donne: il Pnrr è una delle risposte?” Questo il titolo dell’evento organizzato dal Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 5 in occasione dell’ottavo Festival dello Sviluppo Sostenibile. L’incontro, che si è tenuto a Roma il 15 maggio ed è stato moderato da Mariella Zezza Lombardi, capo redattrice Rainews24 e responsabile Nonsolo8marzo, ha provato ad affrontare il tema, evidenziando i muri che compongono il “labirinto delle disuguaglianze” e identificando i modi per abbatterli.
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A dare il via ai lavori Marcella Mallen, presidente dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS): “Dare potere e autonomia a tutte le donne non è solo una questione di etica e giustizia sociale, è molto di più”. Secondo la presidente, infatti, l’empowerment femminile è “l’indicatore del benessere di un’economia e della democrazia di una società”. Ma quanto la questione dell’uguaglianza di genere è effettivamente presente nella politica? Quanto la valorizzazione del capitale umano delle donne è una priorità strategica?
“Dall’adozione dell’Agenda 2030 l’Italia ha fatto notevoli passi avanti, ma ancora insufficienti”, ha detto Mallen. “L’occupazione femminile italiana è ancora tra le più basse d’Europa”. Inoltre, permangono significative lacune nel welfare, carico di cura, accesso ai ruoli apicali. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) potrebbe essere una risposta, perché “ha riconosciuto la centralità della questione di genere”, ponendosi anche obiettivi “utopici” come la parità salariale entro il 2026, ma allo stesso tempo non fornisce i dati necessari per valutare l’impatto di queste politiche. “L’evento di oggi rappresenta l’opportunità di colmare questa distanza”.
Argomento, quello della disponibilità dei dati, su cui si è soffermata nella prima tavola rotonda a tema Pnrr anche Dora Iacobelli, coordinatrice Gdl ASviS sul Goal 5, presidente Comitato Garanti e presidente onoraria Commissione pari opportunità Legacoop. “Non esiste una base dati esauriente”, ha commentato Iacobelli, aspetto che impedisce una valutazione efficace degli effetti del Pnrr. E questo vuol dire sprecare una grande opportunità perché il Piano, se orientato bene, potrebbe avere conseguenze molto positive.
“Abbiamo prodotto un Position paper come Gruppo di lavoro”, ha raccontato Iacobelli, “in cui abbiamo individuato la garanzia di un’occupazione stabile e di qualità come uno strumento centrale per rimuovere il gap di genere”. Per garantire alle donne l’accesso al mercato occupazionale è infatti cruciale “liberare tempo dai lavori di cura, il cui carico è sulle loro spalle”. Per questo bisogna migliorare la medicina di prossimità, le attività di formazione, le opportunità della transizione ecologica e digitale. “L’insufficiente autonomia economica ha una grossa responsabilità negli episodi di violenza, sotto varie forme”, ha concluso.
Monica Cerutti, dell’Associazione Donne 4.0, ha parlato del divario di genere digitale, sottolineando ancora che “o si hanno i dati o dire che la parità di genere è la priorità trasversale del Pnrr è un’affermazione di principio”. Ad esempio, sull’investimento negli Istituti tecnologici superiori (Its) “siamo molto indietro”, dal momento che rimane “una grossa sproporzione tra ragazzi e ragazze” (si parla del 26,5% di giovani iscritte, mentre per i corsi di informatica negli Ict sono addirittura il 16%). Percentuali che hanno effetti pesanti sull’indipendenza economica femminile, dal momento che questi istituti garantiscono un inserimento lavorativo molto alto. Stesso discorso vale per i centri per l’impiego: secondo le ricerche di Donne 4.0 la maggioranza di persone prese in carico dall’Anpal è di sesso femminile, ma ci sono poi sbilanciamenti nell’assunzione a favore degli uomini.
“Il Pnrr è un classico caso di gender data gap”, ha rimarcato Loredana Grimaldi, sempre dell’Associazione Donne 4.0. È infatti difficile monitorare in assenza di dati, ha ribadito Grimaldi, con flussi di informazioni estremamente lacunosi. “Parliamo ogni giorno di come i dati costruiscono il nostro presente e il nostro futuro. Dovremo partire fin d’ora nel riconsiderare il modo in cui vengono raccolti”, ha sottolineato. Non è quindi solo una questione della quantità delle informazioni messe a disposizione, ma anche della loro qualità: “Solo cambiando l’approccio alla conoscenza numerica dei fenomeni si possono fare previsioni accurate”. Noi, ha detto Grimaldi, “vogliamo continuare a misurare per agire”, e per questo “chiediamo un’individuazione e raccolta di dati di genere”.
“C’è un grande sperpero di capitale umano”, ha proseguito Liliana Ocmin, coordinatrice Gdl ASviS sul Goal 5 e del consiglio d’amministrazione dell’Ilo. “Il Paese non può uscire fuori con forza dalla crisi se non usa le proprie risorse e potenzialità. Le donne possono essere la risposta alle difficoltà del Paese”. Ocmin ha parlato di occupazioni “figlie di dee minori” come il lavoro di cura, non riconosciuto e non pagato, “bisognerebbe professionalizzarlo”. Ma per assicurare questi cambiamenti è necessario modificare i paradigmi della società: “È importante capire che le scelte non sono condizionate dal tuo essere uomo o donna. Bisogna creare le basi affinché questo mondo lavorativo in trasformazione non si lasci scappare l’opportunità di creare un futuro più giusto e dignitoso”.
Di gap tra policy design e implementazione, soprattutto nel Pnrr, ha parlato Valentina Cardinali, esperta Inapp. Il Piano, ha sottolineato, “non è nato con l’idea della parità di genere. Ma la nostra lotta è stata di fare in modo che questa ingente fonte di finanziamento ricadesse positivamente anche sulle disuguaglianze”. Cardinali ha poi affrontato la questione monitoraggio: “Se non ci sono dati non è perché qualcuno li produce e non li dà, ma perché il Pnrr non è stato concepito metodologicamente per far sì che queste priorità trasversali possano essere monitorate”.
Per Grazia Precetti, responsabile Uo Impresa femminile Invitalia, c’è anche un’importante questione culturale da affrontare. Precetti ha infatti riportato i dati sull’altissima domanda ricevuta dopo l’avvio del Pnrr per progetti di imprenditoria femminile. Ma il fatto è che incentivi simili, con premialità a favore delle donne e stimolo di nuove imprese, “sono presenti da circa dieci anni”, solo che quasi nessuno lo sapeva. “Il Pnrr non ha aggiunto nulla di nuovo. Ha messo sul tavolo più risorse e fatto da cassa di risonanza”, ha precisato.
Il contributo per la questione di genere non deve venire però solo dalle donne. A sottolinearlo Stefano Sibilio, vice direttore generale processi e regolazione Uni - Ente italiano di normazione. La parola chiave è, per uomini e donne, “consapevolezza”. Sibilio ha parlato dell’importanza dello standard Uni/Pdr 125 per la certificazione della parità di genere. “Questi standard consentono alle imprese di misurare il proprio miglioramento sul tema”, anche perché “se un fenomeno non puoi misurarlo non puoi gestirlo. E crediamo che questo sistema di certificazione possa dare delle garanzie”.
Ha chiuso il giro di interventi Alessandra Santacroce, direttrice relazioni istituzionali Ibm Italia, presidente Fondazione Ibm Italia, consigliera Valore D – Tavolo Pnrr. “Dico solo ai giovani che realizzeremo la perfetta parità di genere tra 131 anni, secondo il World economic forum”. Per questo, bisogna velocizzare l’azione, iniziando a considerare l’empowerment femminile “non come un elemento trasversale ma trainante”. E quali sono le leve per favorirlo? Secondo le ricerche di Valore D: istruzione, mentoring, imprenditoria ed educazione finanziaria. Analizzando il Pnrr secondo tre direttive – digitalizzazione, istruzione e ricerca, inclusione e coesione – Valore D ha inoltre raccolto 500 buone pratiche, in modo da stimolare anche altre imprese a muoversi in questa direzione.
Rosanna Oliva de Conciliis, coordinatrice onoraria Gdl ASviS sul Goal 5 e presidente onoraria Rete per la parità, ha aperto la tavola rotonda sul Next generation Eu. “Ho ripercorso durante questo evento i lunghi anni di impegno del Gruppo di lavoro. Abbiamo sempre parlato della necessità di avere i dati, e quest’anno abbiamo centrato il punto”. Oliva de Conciliis ha poi proseguito sull’importanza che al convegno abbiano partecipato, in qualità di pubblico e speaker, anche le nuove generazioni, “perché il Next generation Eu è un intervento nato proprio per supportare i giovani”.
Da Bruxelles è intervenuto poi Mario Nava, direttore generale Structural reform support della Commissione europea. “La parità di genere è un obiettivo trasversale per tutto quello che facciamo in Commissione”, ha sottolineato. “Le tematiche sono ovunque: eliminare violenza e stereotipi, strutturare un’economia senza discriminazioni, portare la questione di genere nelle politiche Ue e molto altro”. L’obiettivo dell’area di competenza del dipartimento, ha concluso Nava, è quello di “integrare la dimensione di genere nella pubblica amministrazione”.
A parlare poi i giovani, cominciando da Federico Brignacca e Maria Vittoria Dalla Rosa Prati, coordinatori Gdl ASviS “Organizzazioni giovanili”. Brignacca ha descritto il Pnrr come un “piano da guardare con fiducia ma anche rammarico”. Infatti, ha sottolineato il coordinatore, “non è stato creato un settimo pilastro, dedicato non solo al mondo giovanile ma anche alla parità di genere. Considerarli obiettivi trasversali complica la possibilità di monitorarne gli effetti positivi e negativi”. Brignacca ha parlato anche della necessità di un dialogo intergenerazionale che si svolga a pieno titolo sul piano istituzionale, un punto su cui si è soffermata anche Maria Vittoria Dalla Rosa Prati: “Dobbiamo trasformare il confronto intergenerazionale in azioni concrete”. Ma come si può fare? Anche qui, attraverso una “trasformazione culturale”, in cui giocano un ruolo cruciale l’educazione e la formazione, necessarie per “cambiare mentalità e paradigma”. In questo senso, diventa indispensabile un efficace monitoraggio dei dati, per controllare che le politiche “vadano nella direzione giusta”.
Hanno parlato poi Maria Teresa Gimignani e Giorgia Tapparo, classe 4 F dell'IIS G. Valle di Padova coinvolto nel progetto di educazione alla cittadinanza globale “Gift – Giovani, impegno, futuro, territorio” (AID012618/02/3) promosso da Save the Children in partenariato con Edi, ASviS e Fondazione mondo digitale, con la collaborazione del Movimento giovani per Save the Children e cofinanziato dall’Aics – Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo. L’iniziativa è nata con l’obiettivo di promuovere una maggior consapevolezza, mobilitazione e protagonismo delle giovani generazioni sui temi legati agli Obiettivi di sviluppo sostenibile, attraverso attività curriculari ed extra curriculari. Le studentesse hanno raccontato dei mesi di mobilitazione su alcune tematiche particolarmente sensibili (come la questione di genere) e dei grandi ostacoli (il cosiddetto “soffitto di cristallo”) che fin da piccole le donne incontrano. Eppure, “è nelle difficoltà che le ragazze scoprono di avere una marcia in più”.
Di work life balance ha invece discusso Andrea Rubera, responsabile Diversity, belonging & inclusion di Tim. “Nella nostra azienda abbiamo dentro tutte le componenti sociodemografiche e la questione di genere è un problema che ha diverse declinazioni. Abbiamo necessità di sviluppare un consenso sulla costruzione di nuovi ruoli sociali e familiari”. Obiettivo di Tim è quello di lavorare in questa direzione incentivando, ad esempio, la genitorialità condivisa, raddoppiando il congedo di paternità e portando avanti il co-parenting, “solo così si possono raggiungere realmente gli obiettivi di pari opportunità”. Anche se, ha avvertito Rubera, le discriminazioni maggiori sono diffuse soprattutto tra gli adulti: “I modelli della generazione Z e Alfa sono cambiati”.
Mirca Carletti, direttrice generale cooperativa Uniabita, ha parlato del rapporto tra questione abitativa e dinamiche di genere. “In Uniabita crediamo che il benessere abitativo si raggiunga non solo attraverso un’attenta progettazione, ma anche creando socialità e cultura del rispetto e della non violenza all’interno dei nostri stessi caseggiati”. Violenza che si può perpetrare sul piano fisico come verbale: Carletti ha parlato della mostra “Lessici familiari”, organizzata da Uniabita e Cerchi d’Acqua, che ha analizzato proverbi e termini dialettali alla luce delle dinamiche di genere. “Non sempre la saggezza popolare ha influito positivamente. E con questa mostra vogliamo compiere un passo verso una visione della donna meno stereotipata”, ha affermato.
Ilena Donelli, presidente cooperativa Cò D’Enza, ha invece parlato del lavoro compiuto all’interno della stessa cooperativa, che ha portato, nel 2021, a eleggere un Cda solo al femminile, con tre consigliere under 30 e due under 40. Donelli ha ripreso anche il discorso sul linguaggio: “Io mi sono firmata per sei mesi come il presidente e non la presidente. E non perché non ci credessi. Ma per una questione di retaggi”.
Sull’impegno delle istituzioni si è concentrato nelle fasi conclusive del dibattito Stefano Pizzicannella, coordinatore dell’Ufficio per le politiche delle pari opportunità, dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. “È vero che il Pnrr vede nell’uguaglianza di genere una dimensione trasversale. Ma è anche vero che esistono misure specifiche per le pari opportunità”. Tra queste: l’incentivazione della partecipazione ai corsi Stem, l’istituzione del sistema nazionale di certificazione della parità di genere, la riduzione del pay gap, la promozione della trasparenza nei processi di assunzione e occupazione nelle imprese. Pizzicannella ha poi rimarcato l’importanza di portare la questione di genere al centro della riunione del G7, quest’anno a presidenza italiana: “Il confronto in questa sede è importante”.
“Saremo il pungolo che farà delle valutazioni, con sano ottimismo e una dose di realismo”, ha detto Liliana Ocmin, tirando le conclusioni del convegno. A cui si è aggiunta la voce di Dora Iacobelli: “Chiediamo un impegno fermo verso il monitoraggio degli effetti del Pnrr sul Goal 5. Senza i giovani e le donne il futuro non si disegna”.
Scarica la presentazione di Monica Cerutti e Loredana Grimaldi
di Flavio Natale