Disinformazione climatica è la punta dell’iceberg di enormi interessi economici

Auto elettriche, rinnovabili, lavoro sotto attacco da parte delle lobby fossili per passare dall’azione all’inazione. Frassoni: imprese green devono investire, “altrimenti ci asfaltano”. L’evento ASviS sui Goal 7 e 13 al Festival.

venerdì 17 maggio 2024
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Energia e clima sono nell’occhio del ciclone. La transizione è nell’occhio del ciclone”. Così Mariagrazia Midulla, responsabile clima Wwf Italia e rappresentante del Gruppo di Lavoro ASviS sui Goal 7 e 13, ha inaugurato il convegno nazionale del Gruppo, dal titolo “Contro le falsificazioni su energia e cambiamento climatico”, che si è svolto il 13 maggio presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma all’interno dell’ottava edizione del Festival dello Sviluppo Sostenibile. Il convegno, come ha ricordato Donato Speroni, senior expert ASviS e co-referente del Gruppo di lavoro, è stato inserito all’interno di una giornata dedicata alle fake news, che si è aperta con l’evento organizzato dal Gruppo di lavoro ASviS sui Goal 6-14-15.

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Gli scienziati dell’Ipcc non sanno più come dirlo: stiamo andando a sbattere dritti contro un muro”, ha detto Midulla. Eppure, le fake news continuano a dilagare, diffondendo “bugie o mezze verità”.

Il negazionismo più palese si trova in una situazione difficile. Ma esistono falsificazioni molto più subdole”. Ad esempio, chi chiede a gran voce che si abbattano le emissioni, dice Midulla, viene tacciato di “estremismo”: si tratta di un modo per orientare l’opinione pubblica verso soluzioni diverse (e meno efficaci) come il nucleare, rallentando l’azione quotidiana. “Si sta cercando di portare sempre di più il campo dell’azione verso il campo dell’inazione”.

Come contrastare la disinformazione? Attraverso “la buona scienza” e creando gli “strumenti per agire”. Midulla ha ricordato la proposta, prodotta dal Wwf insieme ad ASviS e ad altre realtà, di istituire una Legge italiana sul clima, oltre a formare un Comitato scientifico per il clima che monitori il lavoro del governo. In aggiunta a una corretta informazione: “Non sono le grandi denunce che ci salveranno, ma è la capacità di comprendere la realtà”.

A seguire è stata trasmessa la videointervista a Nicola Armaroli, chimico, dirigente di ricerca presso il Cnr e direttore della rivista Sapere, che si è espresso su una serie di questioni prese di mira dal circuito delle fake news.

Questa campagna di disinformazione non ha niente di nuovo”, ha detto Armaroli. “È stata fatta la stessa cosa in passato per le industrie del tabacco. E qui gli interessi sono molto importanti: il settore energetico è il più grande conglomerato industriale di sempre. Il fatto di uscire dai combustibili fossili è una minaccia alla sua stessa sopravvivenza. E l’auto elettrica è un nemico formidabile, da questo punto di vista”.

Armaroli ha proseguito proprio sul comparto automobilistico. “Ci sono tante informazioni infondate. Per esempio, il numero delle colonnine. È vero che all’utente medio sembrano inadeguate, ma finché uno non le usa non si rende conto. L’Italia è ai primi posti in Europa nel rapporto tra auto circolanti e colonnine disponibili”. Per Armaroli, la questione del costo dell’auto elettrica scemerà nei prossimi anni, con il calo della spesa per produrle. Nonostante questo, “c’è una campagna ben precisa per diffondere l’idea che l’auto elettrica sia il male”.

Ultime battute su lavoro e case green. Per Armaroli, esempio di cattiva informazione è la diffusione delle notizie sui posti che verranno persi durante la transizione energetica, ma non di quelli che verranno creati. La direttiva case green va invece pensata “come un investimento che ha un ritorno”, soprattutto a livello di bolletta. “Se le case green sono una cosa per ricchi, le bollette del gas degli ultimi anni sono una cosa per poveri?

Il cambiamento climatico è sempre più difficile da negare. Adesso il tema è: sì, ma la ricetta non è questa. Sì, ma la scadenza non è questa”. A dirlo Alessandro Macina, giornalista e autore del libro “Chi ha paura dell'auto elettrica? Otto fake news alla prova dei fatti, primo relatore e moderatore della tavola rotonda a tema disinformazione. “Siamo abituati a vedere l’automobile nello stesso modo da 150 anni. Ma l’auto elettrica è un vero e proprio cambio di paradigma”. Per Macina, le vetture elettriche richiedono infatti un “adeguamento mentale”, anche solo per capire come funzionano. Al momento il dibattito è ancora polarizzato, tra gli entusiasti dell’auto elettrica e i suoi detrattori (i cosiddetti “no watt”): ma non si tratta di capire “chi ha ragione e chi torto, ma di comprendere quanto questi dubbi e preoccupazioni siano fondati”.

Anna Donati, presidente di Roma Servizi per la mobilità, ha parlato dei problemi legati alla transizione verde nella Capitale. “Ci sono autentiche fake news che non stanno in piedi, ma esistono anche liste di problemi enormi che la transizione porta con sé, e che vengono utilizzati a volte per trovare soluzioni, altre per dire che non si può fare nulla”. Di nuovo: il costo delle automobili elettriche. “A Roma si sta lavorando per installare le fasce verdi, e in questi due anni di acceso dibattito la situazione è cambiata, portando a un orientamento verso l’elettrico, oltre a investimenti nel trasporto pubblico, piste ciclabili e altro”. Ma le lamentele continuano a imperversare, nonostante alcuni, ha sottolineato Donati, abbiano meno motivi di altri per portarle avanti. “Chi abita in campagna o in aree residenziali necessita di un veicolo, mentre chi risiede in centro ha delle alternative”.

Sull’implementazione delle soluzioni green si è concentrato l’intervento di Paolo Giardullo, professore di sociologia dell’ambiente e innovazione tecnologica presso l’Università di Padova. “Queste tecnologie promettono di risolvere moltissime questioni, ma gli studi hanno dimostrato che non basta che funzionino affinché diventino efficaci. Devono essere utilizzate: l’efficacia di una tecnologia deriva dagli utenti che la fanno propria”. Giardullo ha poi espanso il tema, focalizzandosi sulle ragioni alla base della diversa diffusione di pratiche green in Italia. “Per quanto riguarda la distribuzione delle colonnine nel nostro Paese, rileviamo un’elevatissima concentrazione al Centro-Nord, nelle regioni più ricche. Stessa cosa per gli impianti di ricarica privati. Perché? Oltre alla differenza economica, c’è una densità abitativa minore (si parla soprattutto di case singole o bifamiliari). Questo vuol dire che chi installa un impianto non deve mettersi d’accordo con gli altri condomini”.

Sempre sul tema città Simone Ombuen, professore di urbanistica e coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 11 “Città e comunità sostenibili”. “L’efficienza di un’automobile elettrica può anche essere elevata, ma non cambia la condizione dello spazio fisico. Ogni auto si porta appresso dai 350 ai 600 metri quadri di asfalto: è evidente che il tasso di consumo di suolo è gravissimo”. L’era del trasporto automobilistico ha portato, per Ombuen, a una “dispersione insediativa” e un’agglomerazione di piccoli centri abitati intorno alle strade, obbligando le persone all’uso continuativo delle automobili. “Non serve solo abbandonare l’auto che inquina, ma anche cambiare il comportamento e la mentalità delle persone. Se tu vuoi cambiare il futuro bisogna che le persone cambino l’idea di futuro. Il concetto di accessibilità deve sganciarsi dall’idea del possesso dell’automobile”.

A seguire è intervenuta Monica Frassoni, presidente della European alliance to save energy. Frassoni ha parlato degli interessi economici e lobbystici che muovono il settore energetico fossile. “Dobbiamo imparare dalle tattiche del nostro nemico: investire massivamente nella cosiddetta ‘politica di contatto corpo a corpo’, l’advocacy o lobby, e agire separatamente per colpire uniti”. Il settore oil and gas, racconta Frassoni da Bruxelles, “ha sviluppato una strategia a livello europeo estremamente efficace, molto competitiva, di cui le fake news sono solo una parte. Per contrastarla, bisogna organizzarsi non solo dal punto di vista contenutistico, ma anche investire, perché altrimenti ci asfaltano. I decisori pubblici devono sviluppare una potenza di fuoco molto più rilevante, perché in questo momento il tema è quello di un confronto tra lobby”.

Sul tema della transizione industriale si è soffermata Daniela Palma, prima ricercatrice Enea, aree economia dell'innovazione e dello sviluppo. “Questa è una trasformazione di sistema, che non può essere lasciata al caso. E la difficoltà di questa transizione viene spesso strumentalizzata dagli autori delle fake news”. Palma ha proseguito sulla necessità di adattarsi a un mondo che sta cambiando, costruendo nuove filiere pronte ad accogliere l’innovazione. “Il sistema si deve riposizionare. Se portiamo avanti l’inazione, andremo verso una subordinazione economica ancora più grande e una dipendenza dall’estero sempre maggiore. E questa è una zavorra al nostro sviluppo”.

A tirare le fila del convegno, prima della consegna del Premio Giusta Transizione, Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS. “Le imprese sono ormai fuori dalla grazia di Dio. Non sta succedendo quello che dovrebbe succedere nel processo di transizione energetico italiano. Mentre il resto del mondo cerca di impostare una transizione strutturata noi andiamo verso la frammentazione totale. E le imprese che vogliono correre verso lo sviluppo sostenibile cominceranno (spero) a farsi sentire”. Ormai, ha proseguito Giovannini, “si tratta di una questione economica e di competitività, oltre che di protezione delle nostre vite”. Come ha ricordato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, l’Agenda 2030 non è solo un “processo burocratico”, né una “questione per sognatori”, ma è “al centro di un’idea di progresso in cui crediamo”. E la scelta di omaggiare le imprese virtuose con il Premio Giusta Transizione va proprio in questa direzione, per dimostrare che in Italia ci sono tante realtà che credono in questa idea di futuro e bisogna dar loro spazio.

Giovannini ha poi concluso con un appello a “fare come Ulisse”, quando si lega all’albero della nave e ascolta il canto delle sirene. “Legarsi all’albero vuol dire guardare al futuro senza preoccuparsi di non ascoltare. Riuscire ad ascoltare di più chi pensa che le cose non siano possibili perché ha ricevuto informazioni false, chi pensa che le cose siano difficili (perché sono difficili), chi non ha fiducia nelle istituzioni”. Per Giovannini, “chi crede nello sviluppo sostenibile deve reggere i cori delle sirene, andare nella giusta direzione e continuare a urlare, a spingere sulla base dell’evidenza, del lavoro straordinario che mille esperti dell’ASviS fanno (tra gli altri) per portare la barca nella direzione giusta, accelerando la velocità, perché a questa velocità non andiamo molto lontano”.

 

di Flavio Natale