L’agroalimentare punta sull’innovazione, ma la politica deve tenere il passo
L’evento ASviS sul Goal 2 rivela un’economia in fermento, con alcune problematiche: reddito agricolo, carenza idrica e nanotecnologie tra i temi dibattuti. Centrale il ruolo dell’educazione al cibo: bisogna cominciare dalle scuole primarie.
“Conciliare cibo, ambiente e benessere: il ruolo dell’innovazione”: questo titolo e tematiche al centro dell’evento nazionale del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 2, con Granarolo in qualità di Tutor dell’incontro, che si è tenuto il 22 maggio a Roma durante l’ottava edizione del Festival dello Sviluppo Sostenibile.
A mettere sul piatto i temi del convegno Angelo Riccaboni, Università di Siena, presidente della Fondazione Prima, Barcellona e co-coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 2: “L’agroalimentare è il primo settore economico del nostro Paese”, ha detto Riccaboni, “esistono tantissimi elementi positivi: le imprese hanno migliorato le performance ambientali e il concetto di qualità si sta legando ai discorsi su trasparenza e sostenibilità. Ma bisogna impegnarsi di più”. Solo che impegnarsi di più non è semplice, specialmente in un settore delicato come l’agrifood, vittima del cambiamento climatico ma anche tra i suoi principali contributori. Per questo, ha aggiunto Riccaboni, “l’innovazione può avere un ruolo importante”. Un’innovazione però “non solo tecnologica, ma anche organizzativa e sociale”.
A seguire si è svolto il primo panel, sul tema “Il sistema agroalimentare di fronte alla sfida della transizione”, moderato dalla giornalista Ansa Monica Paternesi. A dare il via alle danze Cristiano Fini, presidente di Cia – Agricoltori italiani: “Credo anch’io che l’Italia possa e debba fare di più, ma abbiamo anche il dovere di difenderci dagli attacchi ingiustificati al nostro settore, lavorando ad esempio sulla tutela del reddito agricolo”. Fini ha poi proseguito parlando delle politiche comunitarie: “Quando abbiamo accettato la sfida del Green Deal l’abbiamo fatto a patto che ci fossero gli strumenti giusti. Oggi questi strumenti non sono ancora sufficienti”, anche se “questa sfida va accettata comunque, per il benessere dell’Unione europea intera”. Il presidente di Cia ha poi concluso l’intervento evidenziando la necessità di un piano ReWater Eu: “Non possiamo trovarci tutti gli anni in grandissima difficoltà sul fronte idrico”.
Per Diana Lenzi, Ceja’s past president, il vero problema risiede nello scardinare la “visione terribilmente negativa” che il pubblico ha del settore. “Ci sono poche prospettive economiche per i giovani agricoltori”, ha aggiunto, un aspetto che contribuisce ad allontanarli da questo tipo di lavoro. Un’altra tegola riguarda il “ciclo di continue revisioni e cambiamenti di obiettivi a livello europeo”, che non permette agli agricoltori di stilare piani a medio e lungo termine. L’innovazione, per Lenzi, “è la via attraverso cui si può conciliare produttività con redditività e ambiente”.
A seguire Emanuele Marconi, presidente del Comitato tecnico-scientifico del Cl.uster A.grifood N.azionale (Clan), che ha parlato dell’obiettivo del cluster: “Stiamo lavorando per mettere insieme i vari settori dell’agroalimentare”. Gli operatori, ha detto Marconi, fanno fatica a dialogare tra loro, e così “cerchiamo di mettere in connessione le diverse potenzialità”. Perché, ha ricordato, è proprio la sinergia tra settori produttivi, combinata con l’innovazione, che ha portato il settore agrario italiano a diventare un’avanguardia a livello globale. “Ci sono tutte le condizioni per superare grandi problematiche come il cambiamento climatico. Ma dobbiamo farlo in modo aggregato, altrimenti la situazione potrà solo peggiorare”, ha concluso.
“Se non sapremo gestire i dati a disposizione, incideremo poco sulla possibilità di prevenire e gestire gli effetti del cambiamento climatico”, ha commentato Ettore Prandini, presidente di Coldiretti. Secondo Prandini un uso cosciente dei dati e dell’innovazione potrebbe diminuire del 20% gli sprechi d’acqua. Un altro elemento su cui si è soffermato il presidente di Coldiretti riguarda l’educazione: “Bisogna riprendere il percorso di formazione dalle scuole primarie. Dobbiamo tornare a educare le future generazioni sugli stili di vita, la stagionalità, la dieta mediterranea per creare consapevolezza rispetto al settore” e per trovare “le figure professionali che mancano”. Prandini ha poi parlato di rinnovabili: “Siamo favorevoli, quando non consumano suolo agricolo”, specificando che Coldiretti sta lavorando sulla ricerca verso biogas e biometano.
A chiudere la tavola rotonda Anna Rea, presidente di Adoc: “Parlare di sostenibilità vuol dire anche parlare di redditività per le aziende e fornire al consumatore prezzi accettabili. Perché sono loro a orientare il mercato”. Infatti, ha aggiunto Rea, “se riusciremo a dirigere i consumatori, le loro scelte premieranno le aziende virtuose”.
Tra una tavola rotonda e l’altra è intervenuto Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo, a sostegno della necessità di una forte innovazione del settore. “Dobbiamo correggere una stortura dell’attività antropica che ha portato a modifiche dell’ambiente particolarmente pesanti. E gli allevatori e produttori sono i primi a rendersene conto. L’innovazione diventa fondamentale per capire dove sta andando il pianeta e mettere a disposizione gli strumenti giusti”. Calzolari ha poi parlato del lavoro che stanno compiendo in Granarolo per innovare le loro fabbriche, creando delle “fabbriche del futuro”, basate su AI, digitalizzazione e meccanismi predittivi per identificare sprechi e carenze. Allo stesso tempo, però, le politiche devono tenere il passo. “Se assumiamo il principio della plastic tax come qualcosa che prima o poi avverrà è un conto. Se si va di deroga in deroga è un altro. Noi abbiamo tolto la plastica dai vasetti di yogurt. Ma o il sistema ci viene dietro o è un gesto di buona volontà”.
Maria Rosa Antognazza, ricercatrice al Center for nano science and technology dell’Istituto italiano di tecnologia, ha aperto il secondo panel a tema innovazione. Antognazza ha parlato del difficile rapporto tra nanotecnologie e agricoltura: “Sono ancora percepite con titubanza, quando non addirittura con scetticismo”, ha detto, nonostante possano fare molto, in particolare per quanto riguarda lo stress idrico. “L’agricoltura è responsabile del consumo del 70% dell’acqua nel mondo. Nell’Ue questa percentuale si aggira intorno al 40% e in Italia al 50%”. I dispositivi sviluppati in laboratorio possono permettere di risparmiare il 30% dell’acqua “soltanto installando sensori che monitorano il reale fabbisogno idrico e attivano l’irrigazione quando serve”.
Andrea Cruciani, Ceo e co-fondatore di Agricolus, ha parlato dell’importanza dei digital twin, versioni digitali dei campi coltivati, nell’ottica di previsione e programmazione. “I digital twin servono per avere una modellazione digitale del mondo reale. Il gemello non è sempre uguale. Non proverò le stesse sensazioni di quando cammino in vigna, ma digitalmente posso avere una visione olistica, vedere la vigna e fargli la lastra, misurarne la pressione”. Il digital twin, in questo senso, “può fornire previsioni, creare una serie di ‘what if’, elaborare scenari per compiere le scelte migliori per il futuro”.
Mauro Rosati, direttore generale di Fondazione Qualivita, si è concentrato sulle dinamiche della filiera: “Le filiere Igp sono gestite in modo unitario e possono fare la transizione in modo più agevole. Attraverso di loro l’Italia può fare un passo in avanti rispetto ad altri competitor”. Ma Rosati ha sottolineato anche che gli ultimi due anni di emergenza climatica hanno influito profondamente sulla filiera. Una difficoltà che però ha stimolato maggiori investimenti nella ricerca scientifica e nelle università, per uscire fuori dalle emergenze attraverso l’innovazione. “La qualità è sempre più legata alla ricerca scientifica. Bisogna spostare l’asse della nostra ottica”.
Ultimo panel del convegno a tema “futuro”. Ad aprirlo l’intervento di Francesca Gallelli, responsabile per le relazioni istituzionali del Good food institute Europe. Gallelli ha sottolineato come il settore primario possa svolgere un ruolo chiave nella filiera delle proteine alternative, sempre più ricercate dai consumatori attenti alla sostenibilità, producendo ingredienti di alta qualità e diversificando le colture europee. “Le alternative vegetali alla carne rappresentano un'occasione per innovare, ottimizzare e valorizzare l'output agricolo”, ha detto Galelli, “l’agricoltura e il settore plant-based possono così guardare insieme al futuro rispondendo alle nuove esigenze del consumatore, rafforzando l'economia circolare e rendendo il settore alimentare sempre più sostenibile”.
Barbara Nappini, presidente di Slow food Italia, ha concentrato il suo intervento sulla necessità di uscire dalla contrapposizione dogmatica tra “scienza e filosofia”, tra la razionalità ed emotività. “In un mondo dove si spreca un terzo del cibo prodotto globalmente, e con quel cibo ci sfameremmo quattro volte la popolazione che non mangia con regolarità, abbiamo bisogno di poesia insieme alla scienza. Gran parte di questi sprechi, e del degrado climatico, è legato al modo in cui abbiamo approcciato l’ambiente in cui viviamo, casa nostra, maltrattandolo”. Inoltre, ha detto Nappini, l’innovazione deve essere accessibile e inclusiva, per raggiungere la sua massima utilità, e supportata da politiche comuni. “Non possiamo stare bene se non ci salviamo tutti”, ha concluso.
Sara Roversi, fondatrice e presidente del Future food institute, ha proseguito il discorso aperto da Nappini, parlando della necessità di “tenere insieme scienza e spiritualità”. Stiamo infatti parlando, ha detto Roversi, di una vera e propria “crisi di valori”, dovuta anche al fatto che ci stiamo formando molto sulla tecnica e poco sugli strumenti interpretativi per affrontare questi cambiamenti. “Non dobbiamo solo innovare, ma anche cambiare l’approccio all’innovazione. Nessuno si pone la questione dell’educazione. Non si possono risolvere i problemi a silos”. In quest’ottica, ha concluso Roversi, il “buon giornalismo” è ancora più importante: “I giornalisti hanno un ruolo cruciale. Come raccontiamo le cose è fondamentale. Dobbiamo aiutare le persone a ragionare”.
A tirare le fila del convegno Gian Paolo Cesaretti, presidente della Fondazione Simone Cesaretti e co-coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 2. “Dalla discussione di oggi risulta evidente che abbiamo bisogno di un nuovo modello di sviluppo, che non è possibile mettere in campo senza l’innovazione”. Un’innovazione che deve essere a tutto tondo. “Al 2050 si stima una popolazione globale di circa dieci miliardi di persone”, ha ricordato Cesaretti, “non potremo dare le risposte concentrando le soluzioni solo nei Paesi più ricchi. Dovremo sviluppare l’agricoltura di prossimità, con caratteri identitari ed etici per popolazioni numerose e con esigenze tanto diverse da noi”. A questo tipo di innovazione economica si deve affiancare anche una culturale, per esortare i consumatori a orientarsi verso un rapporto migliore con il cibo che viene prodotto. “Le innovazioni tecnologiche, economiche e culturali vanno insieme. Se saremo in grado di unirle, riusciremo a costruire un progetto di sviluppo diverso che ci potrebbe accompagnare da qui al futuro”.
di Flavio Natale