L’autonomia differenziata rischia di aggravare i divari di apprendimento
Per una scuola davvero equa servono più infrastrutture, più formazione per i docenti, ma anche fare rete a livello locale. Le riflessioni all’evento ASviS sul Goal 4 nel Festival, che ha approfondito le implicazioni del ddl.
“Investire sulla scuola oggi è più che mai urgente, importante e indifferibile”, ha affermato Pietro Alongi, assessore all’Ambiente del comune di Palermo, “è importante uno sforzo straordinario degli uomini di buona volontà, dobbiamo ringraziare gli insegnanti che fanno del loro mestiere una missione, aiutando a ridurre le differenze tra quartiere e quartiere”. Così, con queste parole, , ha salutato l’inizio dei lavori dell’evento del 21 maggio “Una e (in)divisibile? Scenari per orientarsi nei futuri della scuola”, organizzato dal Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 4 “Istruzione di qualità” nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile, tenutosi nel capoluogo siciliano, con la moderazione del giornalista Giorgio Mannino del Giornale di Sicilia.
Marco Gioannini, co-coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 4, ha introdotto i lavori accennando all’iniquità che caratterizza la scuola italiana e che si traduce soprattutto in divari di apprendimento, dovuti a loro volta a divari territoriali “lungo il gradiente da Nord a Sud”, ulteriormente aggravatisi dopo la pandemia. “Non è equo che fare la scuola a Treviso piuttosto che a Palermo di per sé dia dei risultati diversi”, ha detto. E ha messo in guardia dai potenziali rischi che l’eventuale approvazione del disegno di legge sull’autonomia differenziata provocherebbe nel campo dell’istruzione.
A seguire è stato trasmesso il video-contributo di Giuseppe Pierro, direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale per la Sicilia, che ha raccontato gli sforzi compiuti per contrastare l’abbandono scolastico, fenomeno particolarmente critico nella Regione, con la creazione di 39 osservatori sparsi in tutto il territorio e una forte sinergia con le organizzazioni del terzo settore e gli enti locali. “Questo non è problema non solo della scuola, ma di tutta la comunità” ha commentato.
Ad aprire il primo panel “Analisi dei divari: scenari attuali” ci ha pensato Francesca Borgonovi, capo del dipartimento di analisi delle competenze Ocse, che ha offerto una panoramica internazionale dell’incidenza dei divari territoriali in relazione all’apprendimento, presentando i risultati dei test Pisa 2022 (Programme for international student assessment). L’esperta, con particolare riferimento alla differenza tra aree urbane e aree rurali, ha spiegato che in Italia questa non genera particolari divari, ma se si prendono in considerazione voci specifiche come ad esempio l’aspettativa di completare l’università o lavorare come manager o professionista a 30 anni, la percentuale diventa molto più alta nel caso di ragazzi provenienti da aree urbanizzate rispetto a quelli provenienti da aree rurali.
Subito dopo ha preso la parola Giorgio Cavadi, già dirigente tecnico dell’ufficio scolastico regionale per la Sicilia, che è intervenuto sul tema dei Neet, particolarmente critico in Sicilia, e sul fenomeno della dispersione implicita, ovvero il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi attesi dopo 13 anni di scuola, seppure con una frequenza adeguata. “Dove le scuole hanno una mensa, quindi un tempo-scuola maggiore, dove c’è una palestra, i risultati di apprendimento sono migliori”, ha proseguito Cavadi, “il problema dei divari territoriali è un fenomeno multifattoriale. E anziché fare salti nel vuoto con grandi progetti, bisogna prima consolidare l’esistente”.
Per spiegare più approfonditamente cosa si cela dietro la povertà educativa di tanti bambini e bambine in Italia, Livia Celardo, ricercatrice presso l’Istat, ha presentato uno studio sulle condizioni di vita dei minori, in particolare la deprivazione materiale e sociale, e quanto questo incida sull’accesso alla scuola. Dalla ricerca è emerso che il rischio di povertà o di esclusione sociale nel 2023 risulta in media del 23% circa, ma con punte del 48% in Calabria e 41,4% in Sicilia. Si tratta di un calcolo su tutta la popolazione, tuttavia “i minori sono quelli sempre più a rischio”. Tra i Paesi europei, l’Italia si attesta nelle ultime file, “e nel 2021 l’incidenza maggiore di deprivazione materiale e sociale tra i minori si attestava nel Mezzogiorno (20,1%)”. Poi Celardo ha specificato che i minori che vivono in famiglia monogenitore sono quelli più colpiti e, inoltre, che c’è una forte correlazione tra titolo di studio dei genitori e dei minori.
Margherita Di Stasio, prima ricercatrice Indire, ha spiegato come la povertà educativa abbia un impatto sulle competenze di base – alfabetiche e numeriche. “Per noi una delle soluzioni è la formazione dei docenti, facendo sì che possano a loro volta formare i discenti”, ha affermato, illustrando poi brevemente il progetto che Indire sta portando avanti sul tema, e che ha coinvolto finora 8mila insegnanti.
Alberto Zanardi, docente di Scienze delle finanze all’Università di Bologna, ha invece aperto il secondo panel dedicato al tema “Autonomia differenziata: scenari possibili”, spiegando l’impatto che il disegno di legge attualmente in discussione potrebbe avere sull’istruzione, che “è la materia potenzialmente più rilevante in termini finanziari perché porterebbe circa 50 miliardi alle Regioni a statuto speciale, un aumento di circa il 140%” rispetto ai livelli attuali. “Inoltre”, ha proseguito, “il ddl dovrà esplicitare i Lep - livelli essenziali di prestazione - sulle varie funzioni sull’istruzione” per stabilire quali finanziamenti gli corrisponderebbero e non creare ulteriori divari.
Maurizio Cellura, delegato dell’Università di Palermo alle attività delle Rete delle università per lo sviluppo sostenibile (Rus) e direttore del Centro di sostenibilità e transizione ecologica dell'Università degli Studi di Palermo, ha posto l’accento su “come insegniamo la sostenibilità che ha una peculiarità: parla di sistemi complessi. […] I formatori sono cruciali, serve un nuovo approccio formativo, un atteggiamento olistico che consenta di superare la tradizionale separazione dei saperi”. Poi ha presentato l’esperienza portata avanti nel suo ateneo di fare una lezione zero sull’Agenda 2030, sottolineando che “poiché i nostri studenti sono i nostri migliori ambasciatori di sostenibilità, crediamo che adottare lo stesso approccio alle scuole superiori sia vincente”.
Andrea Ricci, di Isinnova, ha presentato uno studio realizzato dalla Commissione europea sul futuro della scuola. Premettendo che non è materia di competenza diretta dell’Europa, Ricci ha illustrato quattro possibili scenari, spiegando come quello flessibile e collaborativo sia quello preferito e preferibile: “Gli scenari legati alla flessibilità possono certamente portare a un pluralismo, ma anche all’esclusione degli svantaggiati se non c’è una stretta collaborazione tra pubblico e privato, al contrario un certo livello di standardizzazione potrebbe garantire omogeneità”.
Il terzo panel “La voce della scuola: scenari preferibili” ha visto protagoniste due dirigenti scolastiche, Lucia Bonaffino, dell’Istituto di istruzione superiore Salvo D’Acquisto di Bagheria, e Lucia Sorce, dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo Rita Borsellino di Palermo, che hanno portato la loro testimonianza su come hanno fronteggiato la dispersione scolastica. Bonaffino: “Quando abbiamo iniziato nel 2008, avevamo una dispersione di quasi il 50%, oggi siamo intorno al 10-12%. Noi abbiamo tantissimi fondi, ma abbiamo fretta di ‘spenderli’ [i fondi del Pnrr, ndr]. Scuole più attrattive sarebbero già d’aiuto per superare alcuni divari. Temo però che il ddl sull’autonomia differenziata non vada in questa direzione”. Sorce: “Per superare i divari rendiamo la scuola dell’infanzia obbligatoria, diamo i libri gratuiti alla scuola secondaria, diamo un contributo per i viaggi d’istruzione. La scuola si è un po' stancata delle cose calate dall’alto. Laddove si affronta la complessità e ci si mette insieme, qualche scenario ottimistico si può immaginare. Il potere contrattuale del noi è un potere inclusivo”.
Gianfranco Viesti, docente dell’Università di Bari, commentando il ddl sull’autonomia differenziata rispetto all’istruzione: “Io penso che quest’ultima debba rispondere a un sistema pubblico nazionale” e che le scuole debbano poter contare su una spesa corrente simile, che oggi invece dipende dai bilanci dei comuni, su una perequazione delle infrastrutture disponibili (mense, palestre, etc., ndr) e sull’attenzione a quell’Italia minore, interna, in cui se il servizio scuola dovesse completamente scemare, provocherebbe un ulteriore impoverimento di quelle aree.
Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, ha chiuso l’evento con queste parole: “Credo che il Pnrr stia consentendo un salto per alcune scuole, ma dov’è la colpa drammatica? Di non aver detto alle scuole che ci sarebbero stati i fondi di coesione per completare l’opera. Su questo l’autonomia differenziata è una doccia gelata, perché come si fa a progettare se non si sa chi sarà a occuparsi dei progetti, se la Regione o lo Stato? Il regionalismo differenziato vorrebbe dire davvero frammentare il Paese, quando in realtà l’Europa chiede sempre più coesione. Io penso che siamo di fronte a un rischio molto elevato”.
di Elita Viola
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